Diritto Societario: alle società è riconosciuta una capacita giuridica generale

Con la sentenza n. 18449 del 21 settembre 2015, la Cassazione Civile, Sez. III, interviene sul tema concernente il compimento di atti estranei all’oggetto sociale. La Corte si è espressa affermando che “con il solo limite degli atti che presuppongono l’esistenza di una persona fisica, anche alle società, come a tutte le persone giuridiche, non può non riconoscersi una capacità generale, ossia la capacità di essere parte di qualsiasi atto o rapporto giuridico, anche non inerente l’oggetto sociale”. Non può pertanto ritenersi invalida una donazione fatta da una società di capitali; la questione non si pone, infatti, sul piano della validità dell’atto ma su quello delle responsabilità attribuibili agli amministratori della società per gli eventuali danni conseguenti al compimento dell’attività extra oggetto sociale.

Diritto Societario: il fallimento si estende alle socie di capitali di società di fatto

Sul presupposto che possa configurarsi l’esistenza di una società di fatto anche se soci ne siano una pluralità di società di capitali la Cassazione, con sentenza n. 1095 depositata il 21 gennaio 2016, stabilisce l’estensione del fallimento anche alle società di capitali che siano state riconosciute socie della società di fatto fallita. Nel caso di specie la S.C. non ha ritenuto rilevante, con riferimento ai rapporti esterni, la circostanza che dette partecipazioni in una società personale venissero assunte in mancanza di una deliberazione assembleare ex art. 2361, 2° c.c. e concludeva sancendo l’estensione del fallimento, ai sensi dell’art. 147 della legge fallimentare, a tutti i soci illimitatamente responsabili, ergo, anche ai soci che siano società di capitali.

Il Decreto “sblocca crediti”: le procedure previste

Il Dl 35, varato dal Consiglio dei Ministri sabato 6 aprile, interviene con una logica sostanzialmente unitaria ma con regole e procedure differenti per gli enti locali, le regioni e le province autonome, gli enti facenti parte del Servizio sanitario nazionale e le amministrazioni dello Stato centrale. I meccanismi con i quali queste quattro macro categorie di enti dovranno provvedere a veicolare i circa 40 miliardi di euro che lo “sblocca crediti” mette a disposizione in due anni sono formalmente diversi.

Lo “sblocca crediti” interviene escludendo dai vincoli del patto di stabilità interno di comuni e province i pagamenti di debiti pregressi, solo per parte capitale, certi, liquidi ed esigibili. La norma prevede il via libera anche per i debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre scorso. Per gli enti locali, inoltre, c’è l’obbligo puntuale di dover richiedere espressamente alla Ragioneria generale dello Stato, entro il 30 aprile 2013, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti. Solo dopo tale richiesta, il ministero dell’Economia, entro il 15 maggio 2013, comunicherà ai singoli enti le autorizzazioni richieste ma solo per il 90% dell’importo. Il restante 10% sarà liberato con successivo decreto da emanarsi entro il 15 luglio 2013.

Per l’ente locale che, senza giustificato motivo, non abbia richiesto gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalità stabilite ovvero non abbia proceduto, entro l’esercizio finanziario 2013, ad effettuare i pagamenti, è prevista una sanzione pecuniaria. Le imprese devono tenere conto che entro il 30 giugno 2013 le pubbliche amministrazioni interessate  dovranno comunicare ai creditori l’importo e la data entro la quale provvederanno ai pagamenti dei debiti. L’omessa comunicazione rileva ai fini della responsabilità per danno erariale  a carico del responsabile dell’ufficio competente.

Rinnovabili: la Regione Veneto interviene sulle garanzie di rimessa in pristino

La deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 253 del 22 febbraio 2012 è stata pubblicata sul BUR Veneto con i relativi allegati ed è tesa a definire la discliplina delle garanzie per la rimessa in pristino dei luoghi al termine della vita di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Tale disciplina interessa gli impianti su cui la Regione ha competenza autorizzatoria:

impianti fotovoltaici a terra di potenza maggiore o uguale a 20 kW;
impianti eolici di potenza maggiore o uguale a 60 kW;

impianti idroelettrici di potenza maggiore o uguale a 100 kW;
impianti alimentati a biomassa di potenza maggiore o uguale a 200 kW;
impianti di biogas da produzioni agricole, forestali e zootecniche, da gas di discarica e di processi di depurazione di potenza maggiore o uguale a 250 kW;

infine, impianti fotovoltaici integrati e non integrati con potenza di picco fino ad 1 MW, ex art. 10 L.R. 13/2011.

Gli effetti della Dgr. 253 quindi investono anche i titoli abilitativi all’esercizio di impianti fotovoltaici rilasciati dai Comuni.

L’oggetto della garanzia corrisponde a tutti gli obblighi derivanti dalla rimessa in pristino dei luoghi o delle misure di reinserimento o recupero ambientale, secondo le modalità previste dal piano di demolizione, smaltimento e rimessa in pristino con analisi dei costi e dei tempi necessari (Piano di ripristino), facente parte della documentazione progettuale. Tale Piano deve essere approvato in sede di conferenza di servizi.

 

http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=238403

Contratto di lavoro a termine e valutazione del datore di lavoro dei rischi

La Corte di Cassazione Civile, Sez. Lav., con sentenza n. 5241 del 2 aprile 2012 ha stabilito che “la clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, è nulla per contrarietà a norma imperativa e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato.”

La Corte di Cassazione ribadisce quindi il divieto all’apposizione del termine (al contratto di lavoro subordinato) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del citato d. lgs. 19 settembre 1994, n. 626, già previsto dall’art. 3, lett. d), del d.lgs. n. 368/01.

Nella disciplina del lavoro a termine il termine assurge ad elemento accidentale, con la conseguenza che la nullità della relativa clausola non si estende all’intero contratto.

La sentenza perciò chiarisce che “la nullità della clausola del termine di durata al contratto di lavoro apposto in divieto di norma imperativa comporta la nullità dell’opzione contrattuale scelta dalla parti contraenti verso l’ipotesi derogatoria (del lavoro a termine) e la validità del contratto di lavoro, stipulato inter partes, secondo la regola generale del rapporto a tempo indeterminato”.

Appalti: i chiarimenti sull’applicabilità della responsabilità solidale agli accordi che intrecciano lavori e forniture di beni

La circolare dell’agenzia delle Entrate n. 2/E del 1° marzo 2013 ha escluso dall’ambito oggettivo di applicazione della norma sulla solidarietà fiscale prevista dall’art. 13 ter decreto legge 83/12, tra gli altri, gli appalti di fornitura di beni, argomentando che tale tipologia contrattuale, sebbene richiamata dal comma 28 ter, non è prevista negli altri commi 28 e 28 bis che invece richiamano esclusivamente l’appalto di opere o servizi.

Si pone però un problema interpretativo in presenza dei contratti misti, nei quali cioè figurano prestazioni sia di forniture, che di lavoro o di servizi. Si fa riferimento in particolare alla fattispecie disciplinata dalle norme pubblicistiche dell’art. 14 del D.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), secondo cui è considerato appalto pubblico di forniture un contratto avente per oggetto la fornitura di prodotti e a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione. A differenza dei contratti misti di servizi per i quali il Codice prevede un criterio quantitativo (l’appalto è considerato di servizi se il valore di questi supera il valore dei prodotti oggetto del contratto), per le forniture, nell’ottica del fedele recepimento delle direttive comunitarie, si ricorre ad un criterio “qualitativo-funzionale”.

Per individuare l’oggetto degli appalti misti di lavori e forniture, e quindi per conseguenza o meno l’applicazione del regime sulla solidarietà fiscale di cui all’art. 13 ter, rileva il carattere accessorio o meno delle prestazioni e non tanto l’incidenza economica proporzioanle dei lavori.

Lavori a contatto con i minori: obbligatorio il certificato penale del casellario giudiziale

Con il D.Lgs n. 39/2014 l’Esecutivo ha emanato, con urgenza, alcune disposizioni finalizzate alla lotta contro lo sfruttamento minorile sotto l’aspetto sessuale e la pornografia.

Tale provvedimento, all’art. 2, interviene sul D.P.R. n. 313/2002 introducendo l’art. 25 bis il quale afferma che chi intende impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali od attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori (quindi non sporadici), deve richiedere il certificato penale del casellario giudiziale della persona che intende impiegare, dal quale risulti l’assenza di condanne ai sensi degli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 609 undecies del codice penale e l’assenza di misure interdittive che comportino il divieto do contatti diretti e regolari con minori.

Il datore di lavoro inadempiente a tale obbligo è soggetto ad una sanzione pecuniaria amministrativa compresa tra Euro 10.000 ed Euro 15.000.

Pensioni – Lavori usuranti

Via libera dal Consiglio dei Ministri alla pensione anticipata per chi svolge lavori usuranti. Il D. Lgs. n. 67 del 21 aprile 2011, indica come requisiti necessari per la domanda di pensionamento anticipato: a) la previsione di un requisito anagrafico minimo ridotto di tre anni e, in ogni caso, non inferiore a 57 anni di età, fermi restando il requisito minimo di anzianità contributiva di 35 anni ; b) essere lavoratori impiegati in mansioni particolarmente usuranti, quali lavori in gallerie, cave e miniere, in cassoni ad aria compressa, quelli eseguiti ad alte temperatura, in ambienti confinanti, i lavori in periodo notturno, quelli degli addetti alle attività svolte in “catena di montaggio” e, più in generale, tutti quei lavori per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee; c) essere lavoratori che hanno svolto le predette attività, nel periodo transitorio, per un periodo minimo di sette anni negli ultimi dieci anni di attività lavorativa e, a regime, per un periodo pari almeno alla metà della vita lavorativa.
Il lavoratore che dispone dei sopra elencati requisiti, deve presentare domanda all’Inps corredata dai documenti di data certa che comprovano sia le mansioni svolte che i periodi di svolgimento (art. 2 del D.Lgs. n. 67/2011).
I benefici pensionistici spettano con effetto dalla prima decorrenza utile dalla data di entrata in vigore del decreto in argomento purché, in ogni caso, successiva alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2011;067

Riforma degli ordinamenti professionali: si avvicina il testo definitivo

Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di DPR di riforma delle professioni.

Il decreto è già stato sottoposto all’esame delle diverse categorie ed all’attenzione del Consiglio di Stato e del Parlamento cui sono seguite diverse modifiche da parte del Governo.

Viene innanzitutto prorogato di un anno l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, che quindi scatterà dal 13 agosto 2013.

Il decreto rivede inoltre la disciplina del tirocinio professionale, che resta obbligatorio solo per le professioni per le quali già lo era e può durare al massimo 18 mesi. Il tirocinio potrà svolgersi presso enti pubblici ed in concomitanza con l’ultimo anno di Università; viene eliminata l’incompatibilità dei tirocinio con l’impiego pubblico. Quanto ai corsi di formazione, non saranno obbligatori ma facoltativi e alternativi al tirocinio medesimo.

La formazione continua sarà obbligatoria e i corsi potranno essere erogati da altri soggetti diversi dagli Ordini, previa autorizzazione dei Consigli Nazionali e parere del Ministero della Giustizia.

Il DPR riordina la funzione disciplinare, affidandola ai Consigli di disciplina, i cui componenti non possono far parte del Consiglio dell’Ordine o del Collegio e vengono nominati dal Presidente del Tribunale.

Viene ribadita la possibilità di fare pubblicità informativa con ogni mezzo e anche sui compensi.

 

Ragionevole durata del processo: progetto di modifica alla legge Pinto

Il decreto Sviluppo, che ancora attende la pubblicazione in G.U., fissa dei termini per ciascuna fase processuale ai fini della richiesta di indennizzo per violazione della ragionevole durata del processo a norma della legge n. 89/2001, c.d. legge Pinto.

Le nuove norme fissano indennizzi predeterminati e calmierati (da 500 a 1500 euro per ogni anno di ritardo), termini di fase e complessivi prefissati (6 anni complessivi, di cui 3 per il primo grado, 2 per l’appello e 1 per la Cassazione).

Verranno introdotte inoltre cause di non indennizzabilità tese ad evitare condotte non diligenti, dilatorie o abusive delle parti.