Interessantissima pronuncia della Corte d’Appello di Milano (Sez. I, Sent., 07/04/2025) che censura la consuetudine di produrre in giudizio mere riproduzioni di ricevute PEC in formato .pdf (nei casi più contorti, addirittura delle stampe di ricevute, successivamente scansionate e salvate in formato .pdf), in luogo della produzione dei file informatici nativi in formato .msg o .eml.
La Corte d’Appello, riaffermando il principio già espresso da Cass. Civ. Sez. III ord. 16189/2023, ha ribadito che “soltanto il rispetto delle predette forme (le quali permettono, attraverso l’apertura del file, di verificare la presenza dell’atto notificato nella disponibilità informatica del destinatario) consente di ritenere provato il raggiungimento dello scopo legale dell’atto processuale di notificazione” dal momento che tale verifica “non è invece consentita ove il deposito dell’atto notificato a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna avvenga in diverso formato (ad es. in formato PDF)”, rimarcando, quindi, anche il fatto che la forma digitale degli atti non è un mero requisito formale, ma una garanzia sostanziale per l’effettività delle comunicazioni e l’esercizio del diritto di difesa.
La sentenza, peraltro, esclude incidentalmente che la questione possa essere ricondotta alla disciplina del (mancato) disconoscimento delle riproduzioni meccaniche, poichè l’efficacia rappresentativa dei documenti informatici è intrinsecamente legata al loro formato originale ed essendo, quindi, del tutto irrilevante che l’altra parte li disconosca o meno.